"Sono finiti in prigione", di Riccardo Freddi
Zenone Contemporanea, Reggio Emilia, ottobre 2012
Si percepisce
una punta di insano eroismo, un sottile sussulto emotivo, fronteggiando a testa
alta questa serie di ritratti: assassini, stupratori, mostri e macellai, delinquenti
d’ogni sorta che a fatica tolleriamo sulla piattaforma umana.
Ma c’è anche
chi in prigione ci è finito per un masterplan
tutt’altro che divino (Bartolomeo Vanzetti, Lee Harvey Oswald) o ancora chi in
cella è passato soltanto di sbieco e per cose da nulla (è il caso del celebre
attore statunitense Woody Harrelson).
Non c’è nessun
tipo di intento elegiaco – ci rassicura l’autore; nessuna volontà di ricalcare
toni eroici. Traspare certo una fascinazione fisiognomica, ma resta in
sottofondo, nota a margine di un quadro più diretto.
Piuttosto c’è
l’idea di soffermarsi ad osservare questi volti, ritrovarvi una misura.
Scomporli,
decifrarli, riassemblarli.
Procedendo per severi
aggiustamenti, per minuscole importanti pennellate, alla ricostituzione di una
pura identità; pura perché setacciata, filtrata dai fatti, mondata dal male.
Nasce un carattere
nuovo, una nuova realtà. Lo sguardo vuoto e pieno dei soggetti di reato si rimette in carreggiata, ridiventa giustamente quel che è.
Ma
contemporaneamente – su un setaccio parallelo e speculare – si procede anche a
ritroso: prima si acquisisce un documento, ossia la foto segnaletica, che è
limpida, neutrale, un dato esatto (in linea di principio, perlomeno); poi si
sposta il documento ad un istante indefinito, quasi astratto, in un’epoca a
metà fra il dagherrotipo (la stampa all’albumina, meglio ancora) e certe luci di
Velázquez.
La pura
identità riprende corpo, si tramuta nuovamente in suggestione.
È l’istante
della fine, del finire; l’attimo in cui si biforca, in maniera ufficiale, un
intero vissuto.
Ma siamo, allo
stesso momento, al di fuori del tempo.
Ed è in questa sospensione
che l’autore fissa in volto i suoi soggetti e li immortala.
Così ritorniamo,
osservati noi stessi da questi potenti ritratti, alla punta di insano eroismo
che lega chi ha infranto la norma e chi invece, dal male, si sente all’incirca al riparo.